Le Superstar

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Le Superstar del Fondo Venturi erano artisti perfettamente analoghi a quelli odierni: avevano contratti e condizioni lavorative simili, si muovevano in un ambiente industriale di spietato consumo del tutto comparabile all'oggi, e vennero spesso bistrattati a livello estetico.
Pasquale Anfossi, ad esempio, era l'esponente di una lunga tradizione musicale italiana, osannata all'estero, come oggi è Tiziano Ferro o Gigi d'Alessio;
Giuseppe Gazzaniga era un mostro idolatrato per proficuità e professionalità simile a Gianna Nannini (entrambi studiarono musica contro i voleri della famiglia) o a Massimo Ranieri;
Domenico Cimarosa era famoso in tutto il mondo come Laura Pausini (e la sua fortuna in Russia fa pensare anche ad Al Bano e Toto Cutugno);
Ferdinando Paër fu il grande maestro, più a suo agio all'estero che in patria, un po' come Giorgio Moroder, entrambi specialisti di un tipo di musica preciso, il primo dell'opera di fine Ancien Régime, il secondo della dance music. Alle nostre superstar odierne noi chiediamo singoli sempre nuovi a ripetizione, almeno 4 o 5 per ogni album, e la cosa era identica, se non ancora più stringente, nel Settecento, quando a un compositore si chiedevano fino a 4 o 5 opere inedite all'anno.
Per lavorare, oggi un artista deve trovarsi un contratto con una sussidiaria di solo 3 grandi multinazionali della discografia (Sony, Vivendi/Universal e Warner), pena la relega nel magma degli indipendenti, che comporta fatiche immense per quel che riguarda la fidelizzazione del pubblico e la distribuzione materiale degli album composti. Anche nel Settecento il compositore poteva aspirare a solo 3 "contratti" disponibili - con una cappella ecclesiastica, con una cappella civile o corte nobiliare, con un teatro o impresario -, e la figura dell'indipendente, allo stesso modo, doveva cercare altre occasioni d'impiego per guadagnarsi da vivere: le più gettonate erano l'insegnante, l'editore o il musico d'orchestra.

A livello di critica musicale, sia le superstar di oggi che quelle del Fondo Venturi sono assai maltrattate, poiché vengono contrapposte a picchi qualitativi ritenuti più forti: Albano, Nannini ecc. spesso vengono sminuiti in confronto a Beatles, Rolling Stones o Queen (o, a livello nazionale, in confronto a Battisti, Celentano o Tenco), così come Anfossi, Gazzaniga e Cimarosa sono stati per secoli sbeffeggiati perché non all'altezza di Mozart, Haydn, Rossini e Beethoven. Accusati tutti, quelli odierni e quelli settecenteschi, di essere musicisti "industriali" invece che esponenti di quell'idea romantica del "grande artista" alieno ai compromessi economici. Ma le Superstar sono questo: la congiunzione tra industria e arte, tra mercato ed estetica, rappresentano quel momento magico in cui l'arte incontra il pubblico.

Oggi dimenticati (come forse tra un secolo saranno dimenticati Laura Pausini e Tiziano Ferro), le superstar del XVIII secolo hanno comunque segnato la loro epoca (come le star odierne segnano la nostra), e hanno ispirato i così detti "grandi artisti", dimostrando benissimo come questi ultimi, nelle condizioni e nelle idee che ci immaginiamo, non siano effettivamente mai esistiti.